Reddito e pensione di cittadinanza, integrazione domande dal 4 ottobre

Pubblicate dall’Inps le modalità operative per integrare le dichiarazioni di responsabilità rese dai beneficiari di reddito (Rdc) e pensione (Pdc) di cittadinanza che hanno presentato domanda nel corso del mese di marzo 2019. Le prime domande, infatti, sono state presentate a utilizzando un modello cambiato il 2 aprile, a seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione del dl n. 4/19. Era previsto un regime transitorio di salvaguardia delle richieste presentate prima della sua entrata in vigore, stabilendo che il beneficio potesse essere erogato per un periodo non superiore a 6 mesi anche in assenza della nuova documentazione richiesta. Dal 4 ottobre, quindi, gli interessati possono provvedere all’integrazione attraverso una procedura semplificata disponibile tra i servizi web del portale Inps o, in alternativa, tramite gli intermediari abilitati. L’Inps richiama l’attenzione sulla dichiarazione resa dal richiedente il beneficio in ordine alla mancata sottoposizione a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, nonché alla mancanza di condanne definitive nei 10 anni precedenti la richiesta per alcuni delitti. Per consentire al cittadino di aggiornare le dichiarazioni di responsabilità rese al momento della domanda, a partire dal 4 ottobre l’INPS comunica, ai recapiti sms/e-mail indicati nel modello di domanda, il seguente link https://serviziweb2.inps.it/RedditoCittadinanza/autocertificazione al quale collegarsi per effettuare, in maniera semplificata, gli aggiornamenti. Il collegamento alla pagina avviene in ambiente Internet senza necessità del PIN, previo riscontro attraverso l’apposita interfaccia in cui dovranno essere inseriti a cura del richiedente: il protocollo della pratica Rdc/Pdc (esempio: INPS-RDC-2019-xxxxx); il codice fiscale del richiedente; il codice alfanumerico ricevuto via e-mail/sms. Il collegamento alla pagina rimarrà sempre attivo, ma la tempestiva elaborazione per la rata di ottobre, avverrà solo per gli aggiornamenti effettuati entro il 21 ottobre. L’aggiornamento viene effettuato solo in caso di visualizzazione dell’esito positivo dell’operazione, di cui viene data notizia mediante apposito messaggio restituito dalla procedura

Proposte dei Consulenti del lavoro per rilancio del Paese

Liberare risorse per abbassare il cuneo fiscale così che le aziende tornino ad investire e favorire le assunzioni. Questa è solo una delle proposte presentate dai Consulenti del lavoro ad agosto 2019. L’introduzione del salario minimo legale in un Paese in cui l’economia ristagna rischia, invece, di aumentare la pressione fiscale e di far perdere di vista il tema cruciale di questi anni post crisi: i mancati investimenti in infrastrutture e tecnologia per rendere più competitive le nostre aziende e più attrattivo il nostro Paese per investitori stranieri. La perdita di posti di lavoro e di ricchezza nazionale in termini di Prodotto interno lordo, la rinuncia ad un vantaggio competitivo figlio delle grandi dorsali dei trasporti e di una più agevole mobilità delle merci sono solo alcune delle conseguenze possibili. Agganciare il futuro dell’Italia alle Grandi opere, però, non è l’unica grande sfida della nostra economia. In un Paese con una disoccupazione al 10% (in calo rispetto al passato ma pur sempre superiore alla media europea), viviamo il paradosso che sempre più aziende non trovano lavoratori adeguatamente formati rispetto alle esigenze di mercato. È recente la denuncia di Fincantieri circa la difficoltà di trovare 6000 lavoratori specializzati. Qualche settimana fa era stata, invece, Altagamma, la fondazione che riunisce le imprese dell’alta industria culturale e creativa italiana, a lamentare la mancanza di candidati per oltre 236 mila posti di lavoro nei prossimi anni. Ancora più indietro nel tempo, anche il Bollettino AnpalUnioncamere metteva a fuoco come nei prossimi 5 anni l’industria avrà necessità di 469 mila tecnici. Investire sulla formazione dei disoccupati per ricollocarli nel più breve tempo possibile appare una sfida soprattutto economicamente sostenibile. A beneficiarne sarebbe tutto il sistema: i lavoratori non più disoccupati, le aziende non costrette a far fare i doppi turni ai loro dipendenti, le casse dello Stato non più costrette a finanziare la spesa in politiche passive. La flat tax, come tutto ciò che ha la finalità di abbassare le tasse, non può che essere salutata con favore. Ma non è l’unica strada percorribile. Mettere il lavoro al centro dell’economia è invece una condizione necessaria per favorire l’inclusione e la crescita di tutto il sistema Paese.

Bonus bebè 2019: chiarimenti operativi

L’Inps fornisce i chiarimenti e le regole operative per l’erogazione dell’assegno di natalità (cd. bonus bebè) con la circolare n.85/19. La domanda di assegno deve essere presentata da uno dei genitori entro 90 giorni dalla nascita, o dalla data di ingresso del minore nel nucleo familiare a seguito dell’adozione o dell’affidamento preadottivo avvenuti tra l’1.1.19 ed il 31.12.19. In tale caso la prestazione, in presenza di tutti i requisiti, è riconosciuta a decorrere dal giorno di nascita o di ingresso nel nucleo familiare del minore. In ogni caso, se la domanda viene presentata oltre i 90 giorni, l’assegno decorre dal mese di presentazione della domanda. La prestazione spetta a condizione che il nucleo familiare del genitore richiedente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio, sia in possesso di un ISEE in corso di validità non superiore a 25.000 euro. La domanda di assegno deve essere inoltrata in via telematica e, di regola, una sola volta per ciascun figlio nato o adottato o in affidamento preadottivo. La domanda deve essere corredata dal modello “SR163”, denominato “Richiesta di pagamento delle prestazioni a sostegno del reddito”. Tale modulo può essere trasmesso: allegato in procedura mediante l’apposita funzione “Gestione allegati”; da una casella PEC alla casella PEC della sede INPS competente; da una casella di posta elettronica ordinaria alla casella istituzionale della Linea di prodotto servizio “Ammortizzatori sociali” dell’INPS competente, con allegata la copia del documento di identità del richiedente, o consegnato a mano, o spedito in originale all’INPS competente, con allegata la copia del documento di identità del richiedente in corso di validità. In caso di figlio successivo al primo, nato o adottato nel medesimo periodo, l’importo dell’assegno è aumentato del 20%. Tale maggiorazione, che rappresenta la vera novità di quest’anno, si applica anche in caso di parti o adozioni gemellari. In caso di nascita plurima, e senza altri figli in famiglia, per un gemello viene erogato l’importo base dell’assegno e per l’altro la maggiorazione del 20%. Se i gemelli sono tre, invece, uno riceve l’importo base e gli altri due la maggiorazione. Se in famiglia c’erano già altri figli, la maggiorazione è riconosciuta per tutti i gemelli. In via transitoria, per gli eventi avvenuti tra l’1.1.19 ed il 15.3.19, il termine è scaduto il 13 giugno 2019. Per le domande tardive l’assegno decorre dalla data di presentazione della domanda.

Ferie, dalla durata minima al limite per il godimento

Le ferie rappresentano il momento principale e più prolungato di riposo psicofisico per il lavoratore.

La legge disciplina la durata minima, che non può essere inferiore a 4 settimane, nonché le modalità di fruizione. Il contratto collettivo (cc) può sempre stabilire condizioni migliorative.

Le ferie devono essere godute per almeno 2 settimane nell’anno di maturazione, mentre il residuo delle ferie maturato ogni anno deve essere goduto dal lavoratore nei 18 mesi successivi alla fine dell’anno di maturazione. La normativa stabilisce che la consequenzialità delle settimane di ferie non sia implicita, ma debba essere richiesta dal lavoratore.

Una forte tutela prevista dal Legislatore al fine di garantire ai lavoratori un effettivo momento di prolungato riposo dal lavoro è rappresentata dalla impossibilità di monetizzare il diritto al godimento dei periodi di ferie maturati durante la vigenza di un contratto di lavoro. Dando attuazione al principio costituzionale, il quale esclude la possibilità di rinuncia da parte del lavoratore al godimento delle ferie, il D.Lgs n. 66/03 ha espressamente stabilito che il periodo minimo di 4 settimane non possa essere sostituito dall’erogazione del relativo importo.

La liquidazione dell’indennità per ferie non godute è ammessa solamente nel momento della risoluzione del rapporto di lavoro.

I criteri retributivi delle ferie rispecchiano gli accordi economici esistenti tra datore e lavoratore.

Qualora il datore di lavoro violi il diritto del lavoratore a godere di almeno 2 settimane di ferie all’anno, il medesimo è soggetto a sanzione amministrativa tra 100 e 600 euro. Tali importi sono aumentati qualora i lavoratori interessati siano più di 5 ed i periodi superiori a 2 anni.

Qualora le ferie maturate non vengano godute entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione, la relativa retribuzione, pur non essendo stata riconosciuta al lavoratore, diventa imponibile previdenziale. Lavoratore e datore, pertanto, sono obbligati, ognuno per la propria quota, a versare i relativi contributi.

Trattandosi di un versamento anticipato, i contributi già versati nel mese di fruizione delle ferie arretrate sono scomputati dal conteggio dei contributi dovuti, sia per la parte in capo al lavoratore, sia per la quota dovuta dal datore.