Visite di controllo per le assenze, come funzionano?

Le visite domiciliari di controllo dei lavoratori possono essere predisposte dall’INPS, sia d’ufficio, sia su richiesta dei datori di lavoro. Le fasce di reperibilità cambiano tra settore privato e pubblico: nel primo caso i lavoratori privati devono essere reperibili dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, nel secondo invece dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18. Qualora il lavoratore risulti assente alla visita domiciliare, viene invitato a recarsi presso gli ambulatori della struttura territoriale INPS in una data specifica. L’INPS svolge questa funzione attraverso medici impiegati in Pa, o attraverso liberi professionisti inseriti in apposite liste. La richiesta di visita di controllo, ove non disposta d’ufficio, può essere formulata dal datore, fin dal primo giorno di assenza del lavoratore, anche a mezzo di comunicazione telefonica (cui deve tempestivamente far seguito atto scritto confermativo), alla sede dell’INPS competente per territorio in relazione al luogo dove il lavoratore trovasi ammalato. Il medico incaricato è tenuto ad effettuare la visita nella stessa giornata se la comunicazione è effettuata nelle ore antimeridiane, o entro il giorno successivo negli altri casi. Qualora sia impossibile eseguire la visita medica per assenza del lavoratore, il medico è tenuto a darne comunicazione all’INPS ed a rilasciare apposito avviso di invito al controllo ambulatoriale nel primo giorno successivo non festivo. Nell’effettuare il controllo, il sanitario redige un referto, indicante la capacità o l’incapacità al lavoro riscontrata, la diagnosi e la prognosi. Una copia del referto deve essere consegnata al lavoratore, mentre le altre copie vengono trasmesse dall’INPS, al datore di lavoro (priva delle indicazioni diagnostiche). I richiedenti sono tenuti a rimborsare all’INPS il compenso del medico, maggiorato di un importo fisso a titolo di rimborso delle spese amministrative. Alcune circostanze, giustificano l’assenza del lavoratore durante le fasce di reperibilità: caso di forza maggiore; concomitanza di visite mediche, prestazioni ed accertamenti specialistici, sempreché il lavoratore dimostri che non potevano essere effettuati in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità; situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza personale dell’assicurato altrove, per evitare gravi conseguenze per sé o per i componenti il suo nucleo familiare.

Bonus Natale più ampio

Il DL n. 167/2024 ha previsto l’ampliamento della platea di beneficiari del bonus Natale, introducendo modifiche, disponendo l’estensione del diritto al beneficio per il lavoratore con almeno un figlio, anche se nato fuori del matrimonio, riconosciuto, adottivo, affiliato o affidato, fiscalmente a carico (limite di 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili). L’indennità non è prevista se il coniuge o convivente del lavoratore è già beneficiario della stessa misura. Il bonus spetta anche in presenza di figli di età inferiore ai 21 anni che sono fiscalmente a carico, ancorché non siano più previste le detrazioni per figli a carico. Per i figli di età non superiore a 24 anni il limite di reddito complessivo di cui al primo periodo è elevato a 4.000 euro. Non è più richiesto, per la spettanza del bonus, il requisito relativo al coniuge fiscalmente a carico, o all’appartenenza a un nucleo familiare c.d. monogenitoriale. Il bonus viene erogato al lavoratore solo se sussistono congiuntamente le seguenti condizioni: abbia, nell’anno d’imposta 2024, un reddito complessivo non superiore a 28.000 euro; abbia almeno un figlio fiscalmente a carico, anche se nato fuori del matrimonio riconosciuto, adottivo, affiliato o affidato; abbia un’imposta lorda, determinata sui redditi di lavoro dipendente di importo superiore a quello della detrazione spettante. Il sostituto d’imposta riconosce il bonus su richiesta del lavoratore, che attesta per iscritto di avervi diritto. Il lavoratore dipendente è tenuto, quindi, a comunicare al sostituto d’imposta (tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà) la sussistenza dei requisiti reddituali e familiari per beneficiare dell’indennità. In particolare, il lavoratore dipendente, nell’attestazione da rilasciare al datore, dichiara che il coniuge, non legalmente ed effettivamente separato, o il convivente non beneficia del bonus. Il datore potrà recuperare l’importo corrisposto dal giorno successivo all’erogazione in busta. In ogni caso il lavoratore avente diritto potrà beneficiare dell’indennità nella dichiarazione dei redditi 2025 relativa all’anno d’imposta 2024. Se il lavoratore dipendente ha beneficiato dell’indennità in assenza dei presupposti richiesti, o in misura superiore a quella spettante e non sia più possibile per il sostituto d’imposta effettuare il conguaglio a debito, il lavoratore medesimo deve restituire l’ammontare del bonus indebitamente ricevuto in sede di dichiarazione dei redditi.

Congedo parentale: cambiano le modalità per richiedere l’indennità maggiorata

Sono stati rilasciati dall’Inps gli aggiornamenti procedurali per la presentazione delle domande e la lavorazione delle pratiche di congedo parentale dei lavoratori dipendenti con fruizione oraria e giornaliera e le relative istruzioni operative, alla luce della legge di Bilancio 2024. La Finanziaria, infatti, ha rafforzato l’istituto del congedo parentale elevando l’indennità dal 30% all’80% della retribuzione per la durata massima di un mese di congedo e fino al sesto anno di vita del bambino. E innalzando, inoltre, all’80% per il solo 2024, l’indennizzo corrisposto per il secondo mese di congedo, pari al 60%. Come riportato nel messaggio dell’Istituto n. 2283/24, il flusso di acquisizione delle istanze di congedo è stato modificato per consentire la richiesta di indennizzo con aliquota maggiorata accedendo, ad esempio, con le proprie credenziali digitali sul portale web dell’Inps. Per richiedere l’indennità con aliquota maggiorata è necessario spuntare con ‘SI” la nuova dichiarazione “Dichiaro di voler richiedere l’indennizzo con aliquota maggiorata” inserita nella pagina “Dati domanda”. La richiesta di indennità con aliquota maggiorata – ha ricordato l’Inps – è possibile per i periodi di congedo parentale fruiti, a partire dall’1.1.23, da genitori lavoratori dipendenti in relazione ai figli di età inferiore a 6 anni o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di affidamento/adozione, per i quali il periodo di congedo di maternità o di paternità sia terminato dopo il 31.12.22. Per gestire la richiesta di indennità con aliquota maggiorata, sono state integrate anche la consultazione e la variazione delle pratiche. In particolare, i tab “Periodi”, “Dati Calcolo”, “Pagamenti”, “Dichiarazioni”, “Contatori” e “Periodi dichiarati”. Per quanto riguarda, invece, l’istruttoria e la verifica di decorrenza, la procedura ritiene accettabile la richiesta di indennità con aliquota maggiorata di periodi di congedo parentale con inizio a partire dall’1.1.23, se richiesta da lavoratori dipendenti genitori di figli per i quali il periodo di congedo di maternità o di paternità, alternativo o obbligatorio, come dipendenti del settore pubblico o privato sia terminato successivamente al 31.12.22. A tal proposito, l’Inps ha anche specificato le modalità di verifica dell’età/ingresso in famiglia, del congedo indennizzato, del periodo e capienza e dei flussi Uniemens

Le regole per le ferie, chi le decide?

Il datore di lavoro ha il potere di determinare unilateralmente le ferie, ma viene riconosciuta la necessità di una valutazione comparativa delle diverse esigenze dell’impresa e del lavoratore. Il lavoratore dipendente ha diritto di godere di un periodo di ferie per assicurare un periodo di riposo finalizzato al recupero delle energie psico-fisiche, nonché dedicarsi alla vita di relazione, familiare e sociale e consentire la soddisfazione delle esigenze di carattere ricreativo e culturale. La disciplina delle ferie annuali è regolata dalla Costituzione, che tutela il diritto del lavoratore ad un periodo di ferie annuale irrinunciabili. Il Codice Civile dispone poi che la durata delle ferie è fissata dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi e secondo equità; che il momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve tener conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore; che il periodo feriale deve essere possibilmente continuativo; che il periodo feriale deve essere retribuito. Il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane che non può essere sostituito da un’indennità (monetizzazione), salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro o in altre specifiche ipotesi. Nel caso di sospensioni del rapporto di lavoro, ad esempio a malattie di lunga durata o di astensione per maternità, che rendano impossibile fruire delle ferie, le stesse dovranno essere godute nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro, senza che questo violi la previsione normativa. Il potere di determinare il periodo di godimento delle ferie spetta sempre al datore, il quale, se il lavoratore in modo tempestivo chieda di godere di due settimane consecutive di ferie, dovrà necessariamente accogliere la richiesta, sempre compatibilmente alle necessità aziendali; fatte salve le disposizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva. La norma dispone, inoltre, che il datore dovrà concedere il godimento, anche in forma frazionata, ma entro i 18 mesi dal termine di maturazione salvi i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva, del residuo periodo di ferie oltre le due settimane. La contrattazione collettiva potrà prevedere un termine massimo di fruizione del periodo feriale minore di quello individuato dal legislatore. La violazione della disposizione normativa comporterà l’applicazione di una sanzione amministrativa.